MANIFESTO DI CRESCERE IN COMPAGNìA

Premessa

Quando proponemmo il progetto di Crescere in Compagnìa all'associazione A Compagna, Ezio Baglini, il console bibliotecario, fu tra i primissimi sostenitori di questa idea. A lui chiedemmo di scrivere un testo che avesse come tema l'orgoglio di essere Genovesi,con l'intenzione di accluderlo in un CD di promozione dell'iniziativa.

Il CD non venne realizzato (anche se ancora oggi resta una possibilità), ma il testo venne scritto da Ezio con tutta l'enfasi, l'amore e la passione che lo contraddistinguevano.

Ve lo proponiamo qui, nella sua forma originale, come egli lo scrisse.

Sì, lo scrisse, perchè Ezio ci ha lasciato nel febbraio 2013, lasciandoci però tanti bei ricordi e tanti insegnamenti. La dedicazione della BIBLIOTECA della nostra associazione ce lo ricorda affettuosamente.

Mirco e Rossana

Orgoglio di essere Genovesi

L’associazione A Compagna ha, come scopo statutario, quello di infondere nei Genovesi l’orgoglio della propria terra, delle antiche glorie, delle bellezze, delle tradizioni, della lingua e dei costumi della sua gente.

Quale migliore occasione quindi proporre ai giovani studenti la messa in atto di così alto scopo di vita. È sufficiente che essi  si calino  nel ruolo dell’amore, quello che fa battere non le mani in un vacuo e momentaneo applauso, ma il cuore appassionato da una scoperta fondamentale: il senso di appartenenza. Come si fa a guardare strategicamente il futuro, senza prima determinare la staticità e sicurezza del “chi siamo?”

Fa parte dei sentimenti umani universali valorizzare le radici  della propria esistenza, immerse a 360° nel terreno che sia - di volta in volta - di un ambito familiare; o del seppur passeggero periodo scolastico; oppure di quello cittadino - o via regionale, nazionale; compreso dello sportivo, politico, associativo e comunitario in genere.  La ricerca degli avi, dell’origine del nome, le fotografie familiari, sino anche il tricolore con l’inno nazionale, le commemorazioni  compreso le ricorrenze dei compleanni e del Natale, sono tutti sistemi che servono a focalizzare questo istinto di appartenenza; e questa, a sua volta, a rimandare, alimentare l’esigenza di far parte di un gruppo.

Anticamente un conosciuto proverbio, saggezza dei popoli di recente passato, recitava “moglie e buoi dei paesi tuoi”; mirante a sottolineare come tradizioni, usanze e riti propri - magari diversi dal paese vicino, lontano solo qualche chilometro - fossero alla base di un tenore di vita condiviso, e quindi nel futuro non stressanti e tacitamente accettati da tutti i componenti. Oggi, siamo in piena epoca di globalizzazione; TV, computer e telefonini forniscono contatti internazionali e danno valore non più alle antiche usanze locali ed al senso della atavica tradizione,  ma tendono a mettere in risalto prevalente il valore personale. Quindi, meno osannato l’antico senso di appartenenza comunitario, e sponsorizzato invece il prevalere dell’individualismo e dell’apparire. Anche purtroppo nell’ambito di una coppia legata affettivamente, con le ovvie conseguenze di separazioni e contrasti insopportabili.

Malgrado questa tendenza sempre più esasperata, tant’è, per ora anche se sotto sotto, quello spirito istintivo rimane, e la A Compagna vuole tenerlo acceso, alimentarlo e potenziarlo; vuole che le radici siano libere e facciano crescere forte e sana la pianta che vive in sua dipendenza.

Ovviamente, questa sensazione ha subito delle trasformazioni; tra le quali quella più evidente  è l’adattamento all’ambiente ed alle necessità contingenti: per esempio, per chi viene a Genova da immigrato, da paesi lontani, è ovvio un amore bivalente: conservare le radici della terra natia e nel contempo innamorarsi, difendere e gioire della nuova patria. Sulla base di questa constatazione, che il lettore sia nato a Genova o vi sia arrivato  dalle terre più lontane, poco interessa; quanto invece interessa che impari ad alimentare il vanto di essere diventato genovese.

Perché Genova è una bellissima città e merita rispetto ed un affetto sincero.

L’identità, è un capitale investito nel sociale, che rende con interessi: la sicurezza del rispetto da parte degli altri; un modello di riferimento per qualsiasi progetto in avanti; il senso dell’appartenenza che la A Compagna propone – già dagli anni intorno al 1200 - con l’associazionismo.

Bisogna scoprirla. Non è come Firenze, Roma, Venezia che sono di una bellezza immediata, godibile all’istante con pochissima fatica. Genova al contrario è ritrosa, nascosta, non vuole apparire – conforme all’antico carattere genovese che non gradiscono essere messi in primo piano. “Gente diversa” scriveva polemicamente Dante; infatti un tipico genovese non affermerà mai un “io dico”, ma usa il contorto e non compromettente “m’han vosciuo dî”; non con aspetti prevalenti del carattere di scontroso, né timido né “barbaro” (Tacito) ma di fiero, battagliero e grande lavoratore; non avaro come si dice comunemente, ma parsimonioso – che è diverso; un non vanamente testardo ma un tenace volitivo che canta “...mi son nascîuo zeneise e no me mollo!”; indomabile difensore della comunità anche se individualista pervicace e mugugnone;  e lo dimostra la nostra storia nei confronti degli immigrati: da ovunque del mondo: benvenuti tutti quelli che han voglia di produrre (lapide in Porta Soprana); e, eguale altro esempio: già dai suoi primordi, la città seppur fedele a Roma imperiale, mai mise in atto le persecuzioni,  per un più antico ed atavico concetto della libertà.

Quindi, scrivevo, Genova occorre scoprirla nel paesaggio: percorrendo la sopraelevata, magari al mattino quando l’aria è più tersa ed il sole che sorge illumina tutto di un rosa dolce e tranquillante, evidenziato dai tratti decisi dei contorni legati all’ardesia dei tetti ed al verde dei monti sovrastanti.

Scoprirla nel dialetto – che sappiano non è tale quanto piuttosto una vera e propria lingua: la cadenza ha una musicalità conosciuta in tutto il mondo ed è meccanismo di riconoscimento come il frinire di una cicala. Il dialetto e le sue canzoni : per nulla simbolo regionale è il cigno, da Cicno che – come narra Esiodo - pietosamente pianse l’amico Fetonte  esprimendosi con una melodia dolcissima. E che il dialetto sia ricco di termini ‘foresti’, è a dimostrazione della naturale apertura mentale dei liguri alla istintiva reciproca integrazione, con poca prevaricazione e molta guardinga curiosità.    

Scoprirla nella storia, guardandola dal largo del mare quando la tramontana allontana lo smog cittadino ed evidenzia il porto laborioso, le case, le chiese, le torri incorniciate dai monti incappellati da imponenti fortilizi, ma guarda caso non antichi per la non vocazione alla guerra: seppur antica e potente nazione, Genova non ha mai posseduto un esercito proprio e, nella sua lunga storia, mai ha imposto con la forza le sue regole ed il suo potere.

Scoprirla nella gente girando per i vicoli, dentro le antiche chiese, e quando possibile nelle case private e comunali; anche se non sempre i palazzi  lasciano intravedere all’esterno il lusso ed il gusto del bello che c’è all’interno. Anche nei semplici portoni delle case  si intuisce che il genovese – nella contenuta semplicità - non trascura il gusto del bello

Scoprirla nelle cose sfiziose facendo colazione con una tradizionale fetta di focaccia calda col cappuccino e poi a tavola con le decine di cibi specifici del genovesato, a dimostrazione di un anche raffinato senso del gusto del palato.

Scopriamola, e ci accorgeremo che è bello essere, o diventare, artefici oggi di una città e di un territorio così  ... si insomma: da esserne orgogliosi.

 

Ezio Baglini